Dal 2 maggio al 30 agosto l’esposizione realizzata dalla Comunità Ebraica di Venezia, dal Museo ebraico e da Opera Laboratori
È un filo di seta che accomuna i tre manufatti d’uso liturgico familiare e sinagogale esposti in mostra. Un filo con una dimensione fisica, ma anche un prezioso filo spirituale.
Un filo sottile ma forte come nessun altro, un filo che sopravvive di generazione in generazione, un filo che racconta il passato al futuro, un filo che esposto alla luce risplende in decine di sfumature.
Anat Yadin Shriki
Tre secoli di storia raccontati attraverso manufatti tessili. La mostra “Mercanti e stracciaioli nel Ghetto di Venezia”, a cura del direttore del Museo Ebraico di Venezia, Marcella Ansaldi, nasce in occasione di un importante intervento di restauro conservativo offerto da Opera Laboratori e realizzato con grande maestria nei laboratori toscani, sotto il vigile coordinamento della responsabile del Laboratorio di restauro tessile, Carla Molin Pradel e documentato nel catalogo edito da Sillabe.
Dal 2 maggio al 30 agosto in Campo di Ghetto Novo, nello spazio Ikona Gallery un’esposizione, quella voluta dalla Comunità Ebraica di Venezia, che vuole essere una finestra aperta sulla vita quotidiana del Ghetto di Venezia attraverso la sua storia. Sullo sfondo c’è la Repubblica Serenissima, che emana leggi e regola la vita dei veneziani e degli stranieri presenti in città. Tra gli stranieri ci sono gli ebrei, rinchiusi nel ghetto dal 1516.
Già a partire dal 1400 nel sestiere di Cannaregio sono fiorite molte attività artigianali, tra queste quella dei Testori da seda, cioè dei tessitori di sete, che intrecceranno interessanti rapporti commerciali con gli ebrei del ghetto. Nel 1600 nascono molte botteghe, prima in Ghetto Novo e poi in Ghetto Vecchio.
A metà del Settecento Venezia conta 795 tessitori, di cui l’84% vive nel sestiere di Cannaregio. Il Ghetto è circondato da ogni lato da centinaia di botteghe di Testori, i tessitori cristiani. Le officine sono situate nelle soffitte delle case, in quelle con molte finestre dove si può lavorare alla luce del sole e distinguere i tanti colori dei filati. Agli ebrei non era concesso tessere, potevano solo vendere le strazze, ma, nonostante la legge, molti artigiani ricevono ordinazione di merce dai mercanti ebrei del Ghetto.
Il Ghetto di Venezia è stato teatro di una esperienza esistenziale senza uguali, dove la sopravvivenza economica degli ebrei è strettamente connessa ai mestieri loro concessi o imposti. La mostra percorre questi intrecci di storie offrendo la possibilità di vedere tre preziosi tessuti inediti, qui esposti dopo un accurato restauro a cura di Opera Laboratori.
“Con Opera Laboratori – spiega Dario Calimani, presidente della Comunità ebraica di Venezia – abbiamo avviato una collaborazione illuminata e preziosa che, con questa mostra di preziosi tessuti legati alla liturgia ebraica e ora restaurati nei loro laboratori fiorentini, presenta il primo frutto di un percorso culturale che porta a conoscenza del pubblico opere d’arte finora rimaste nascoste nei depositi museali”.
“Quando si pensa al Ghetto di Venezia – precisa Marcella Ansaldi, curatrice della mostra e direttore del Museo Ebraico di Venezia – e alla vita quotidiana che si svolge al suo interno, si stenta a immaginare il fervore artistico della città in pieno Rinascimento: Gentile e Giovanni Bellini, Carpaccio, Tiziano, Tintoretto, Veronese, solo per citare dei colossi, ritraggono scene della Torah e talvolta rappresentano gli ebrei, senza mai apparentemente incontrarli o conoscerli. Vittor Carpaccio quando ritrae Venezia e il suo splendore, pare estraneo all’operazione socio-economica, ma soprattutto umana, che la città sta vivendo in quegli anni: la fondazione del Ghetto”.
“La collaborazione con la Comunità ebraica di Venezia – aggiunge Beppe Costa, presidente di Opera Laboratori – sta dando i suoi frutti. Quando abbiamo intrapreso, a gennaio scorso, questo cammino condiviso l’abbiamo fatto consapevoli del valore di un luogo storico come il primo ghetto d’Europa. Questa mostra ci vede al fianco della Comunità ebraica di Venezia, per l’allestimento, la comunicazione, la stampa del catalogo oltre che per un complesso e delicato intervento di restauro su alcune delle opere esposte. Siamo sempre più convinti di poter contribuire con la nostra professionalità alla valorizzazione delle collezioni del Museo Ebraico di Venezia che dopo secoli di storia, ancora oggi, parlano al cuore oltre che agli occhi di tantissime persone”.
Per info e prenotazioni
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